Respiro circolare: sviluppare l’intelligenza emotiva 18 Settembre 2017 – Posted in: Respiro Circolare (Rebirthing)
Capitolo 2: Intelligenza emotiva e… vita
Più lavoro con le persone e più mi convinco che, alla base di una vita vissuta in maniera piena e soddisfacente, vi sia un adeguato sviluppo dell’intelligenza emotiva.
Possiamo definire l’intelligenza emotiva come un insieme di capacità che sono di fondamentale importanza per affrontare al meglio la vita: conoscere, identificare e controllare le proprie emozioni; saper riconoscere le emozioni degli altri; saper utilizzare le proprie emozioni; saper riconoscere le emozioni che tolgono energia; saper indirizzare l’emozione del momento verso mete costruttive; saper comprendere gli effetti che il nostro modo di essere ha sugli altri ecc.
L’intelligenza emotiva è di conseguenza anche alla base dello sviluppo di un’empatia che ci consenta di entrare in contatto con noi stessi e con le persone che ci circondano.
Solamente sviluppando capacità di ascolto e comprensione, solamente riuscendo a sentire, oltre che ad ascoltare la persona che ci sta di fronte e le emozioni che questa ci scatena, riusciremo durante l’arco della nostra vita a sviluppare relazioni soddisfacenti, evitando di cadere in legami patologici e disfunzionali che abbassano drasticamente la qualità della nostra vita.
Sviluppare adeguatamente l’intelligenza emotiva ha il risultato di farci migliorare enormemente le relazioni che intessiamo con le altre persone, la capacità di realizzare progetti ed in generale ci consente di migliorare la nostra condizione psicofisica.
All’interno di questo contesto, il respiro circolare si dimostra come uno strumento eccellente per aumentare lo sviluppo dell’intelligenza emotiva consentendo a corpo mente e anima di raggiungere un più alto livello di funzionamento.
La mente duale
“Ma io ti dirò ciò che gli eremiti realizzano.
Se ti allontani molto, nel profondo della foresta,
e sei silenzioso, arriverai a comprendere che tu sei connesso con ogni cosa.”
Alan Watts
La mente è in grado tanto di generare distrazione, quanto di ricondurci alla calma e all’attenzione verso quello che ci circonda.
Il pensiero a sua volta serve per ricordare, prevedere e valutare in ogni momento quello che facciamo, e allo stesso tempo ci conduce a categorizzare in base ad etichette del tipo “giusto-sbagliato”, “utile-inutile”ecc. Questo tipo di funzione del pensiero è molto presente nell’uomo moderno al quale, fin dall’infanzia, viene ripetuto continuamente cosa sia bene per sé stesso e per gli altri.
La mente ci ha permesso di apprendere la cultura di cui facciamo parte e tutti gli insegnamenti necessari per sopravvivere, ma cosa può succedere se concediamo alla mente di decidere cosa è bene o è male riguardo al nostro sistema valoriale, le persone che frequentiamo, le nostre aspirazioni, abitudini, interessi e quant’altro?
Giudicare in maniera positiva o negativa ciò che percepiamo altera la nostra reazione nei suoi confronti: è positiva se valutato bene e negativa se valutato male. Sostanzialmente viviamo costantemente una visione viziata da una parzialità di giudizio pregressa.
La mente, soprattutto quella conscia intesa come il frutto delle nostre esperienze (educazione, contesto socioculturale ecc.), è sempre collegata al nostro passato e non sa quasi mai cosa è realmente bene per noi. Non è infatti difficile fare il conto di quante volte abbiamo cominciato qualcosa di buono per noi senza poi portarlo a termine, o quante volte abbiamo avuto simpatia per qualcuno che poi non si è rivelato meritevole, o ancora quante volte pur consapevoli di fare qualcosa di negativo per noi non siamo riusciti a smettere.
Esiste un livello più profondo di pensiero e di modo di vivere che si trova oltre le banali categorizzazioni mentali, una consapevolezza alla quale possiamo accedere soltanto trascendendo il processo di categorizzazione della mente.
L’uomo moderno ha sviluppato una mente cosciente così ipertrofica che non gli consente di sviluppare il giusto equilibrio interiore, al suo interno sono infatti presenti troppi parametri per valutare le cose; una cosa ci piace e contemporaneamente no, vorremmo avere una vita libera dai legami ed allo stesso tempo avere una famiglia, fare carriera e avere più tempo per noi.
Questo tipo di conflitto duale che ci perseguita durante tutto l’arco della vita, dando origine ad una sofferenza che fa da sottofondo alla nostra intera esistenza, ad un certo punto la mente giudica in maniera negativa anche questa sofferenza ed ingaggia una lotta contro di essa. Da questo doppio conflitto (prima tra obiettivi opposti e poi tra voglia di star bene e malessere strisciante) nasce un ulteriore disagio che la mente può valutare nuovamente come sbagliato cercando conseguentemente di allontanarlo, oppure come un segno di sensibilità (alla Baudelaire) o ancora come inevitabile con conseguente sottomissione ad esso.
È a questo punto che nella vita di una persona subentrano tutti quei comportamenti patologici (dipendenze da sostanza, comportamenti compulsivi nelle varie aree della vita, violenza ecc.) che hanno come unico obiettivo la voglia di sentirsi vivi e lo scarico di questo sofferenza che ci appare interminabile. Cerchiamo stimoli forti e pensieri eccitanti con l’obiettivo di sopprimere i nostri stimoli interiori che ci causano dolore, per ricompattare la mente in un pensiero unico (vincere, sopravvivere, perdere tutto) o in una emozione unica (paura, rabbia, tristezza). Dietro a questi goffi tentativi di far tacere questo dolore c’è l’improrogabile bisogno di far tacere la mente con i suoi discorsi e le sue categorizzazioni che ci paralizzano e ci fanno sentire impotenti, il tentativo della mente di cercare la pace in qualcosa la di fuori di noi perché al nostro interno siamo troppo frammentati.
Concentrarsi sul respiro ci consente di acquietare la mente cosciente, permettendo alle mente inconscia di manifestarsi, restituendo coerenza al nostro pensiero e serenità al nostro animo.
Capitolo 3 “Stress e reattività” (online dal 25 settembre) >>